Il S.S Crocifisso

 

PREGI ARTISTICI, SINGOLARITÀ, EPOCA
DELL’IMMAGINE DEL SS. CROCIFISSO

Fra i vari tesori di arte sacra che la “vecchia” Civita conserva gelosamente nella sua antica chiesa già Cattedrale, quello che desta maggiore ammirazione per la bellezza artistica, l’espressione realistica delle sue forme e che, nel tempo stesso, suscita sentimenti di profonda devozione nell’animo dei fedeli e dei visitatori, è senza dubbio il SS. CROCIFISSO.

Non sappiamo chi ne sia l’autore, ma è certo che quelle mani così abili nel perfetto lavoro di scalpello furono mosse dal cuore di un vero artista, grande e credente: la sua grande arte non poté essere che l’espressione della sua grande fede.

Ammiriamo insieme questo meraviglioso capolavoro: è un bellissimo corpo umano di una simmetria perfetta e di grandezza naturale che mantiene e conserva, pur sotto i colpi e le ferite, tutta la delicata venustà delle forme.

Il capo, dolcemente inclinato, coi capelli inanellati e fluenti sulle spalle e sul petto, ha la corona di spine, che rende più maestosa la fronte serena e divina. Nelle braccia distese si vedono ben rilevati i muscoli e le vene: le braccia sono dolcemente aperte e le gambe leggermente ritratte e piegate hanno i piedi trafitti che mostrano, sotto il peso del corpo, larghi, squarci e la pelle aggrinzita. La faccia insieme al corpo, è di un colore esangue, quasi chiaro, che dà 1’impressione che la Sacra Immagine, non ostante conti diversi secoli, sia stata dipinta di recente.

Il Volto è qualche cosa di sovrumano, che indarno i disegni e le fotografie hanno tentato di riprodurre. Perfettamente rispondente all’espressione del volto è l’atteggiamento di tutta la persona: nelle sacre membra distese sulla croce si osservano le mani e i piedi crudelmente trafitti e di queste parti delicatissime di distinguono gli ossicini, le vene e i nervi tesi con infinito spasimo.

La sporgenza del petto ansimante con la ferita del costato così profonda che quasi se ne vede sgorgare vivo sangue, il risalto dei muscoli e delle costole, l’abbandono di tutto il corpo ormai sfinito di forze, mostrato con singolare e sorprendente verità l’acutezza dei tormenti e l’ineffabile patire del Cristo sulla croce.

Ma in quel capolavoro di estetica divina che è il volto, la più forte potenza di espressione è nello sguardo: nel contemplarlo si sente lo schianto crudele degli acerbi dolori dai quali fu compenetrato il Figlio di Dio morente per gli uomini e, nel tempo stesso, la sua perfetta rassegnazione alla volontà del Divin Padre.

E sono gli occhi, è lo sguardo che dà alla Sacra Immagine quei tre aspetti caratteristici che formano lo stupore e insieme destano la meraviglia dei semplici fedeli e degli stessi artisti.

I) CONTEMPLATA SUL DAVANTI NOI VEDIAMO GESÙ CROCIFISSO ANCORA VIVO: in quella fronte serena, in quel volto, che ritrae in modo meraviglioso le fattezze del più bello trai figli degli uomini, traspare un dolore ineffabile, paziente, rassegnato cui dà maggior risalto la corona di acute spine che, diadema di dolore, adorna il divino suo capo. Non è l’aspetto di un condannato qualsiasi, ma dell’Uomo-Dio che volontariamente compie il sacrificio della sua vita.

II) VEDUTO DA SINISTRA IL NOSTRO CROCIFISSO È AGONIZZANTE: nell’occhio socchiuso si scorgono le smorte pupille; la bocca semiaperta lascia vedere i denti e la lingua alquanto rialzata; visibilmente riarsa dalla sete, quasi tremolante negli estremi aneliti dell’agonia.

III) OSSERVATO DA DESTRA IL SACRO SIMULACRO CI OFFRE L’IMMAGINE DI CHI È IMMERSO NEL SONNO DELLA MORTE: le membra rilassate, gli occhi chiusi, il completo abbandono di tutto il corpo e il capo inclinato ci ricordano il “Tutto è consumato”, l’offerta completa della vita del Cristo per la redenzione dell’umanità peccatrice.

EPOCA. Diamo ora un rapido cenno dell’epoca in cui collocare il nostro Crocifisso. È un fatto accertato nell’archeologia cristiana che le prime figure del Crocifisso cominciano ad apparire agli albori del sec. VI e che dal quel periodo fino al sec. XII erano generalmente vestiti di “colòbio” o lunga tunica senza maniche e confitti in croce con quattro chiodi (per esempio: i Crocifissi bizantini, il Volto Santo di Lucca, il Crocifisso in S. Chiara ad Assisi, ecc.); mentre il nostro Crocifisso ha il “perizoma” o fascia intorno alla vita, secondo il costume della Chiesa latina, è confitto in croce con tre chiodi, avendo i piedi sovrapposti secondo l’uso prevalso agli inizi del XII sec.

Il nostro Crocifisso non è certamente di questo periodo, ma a giudizio di dotti artisti che in ogni tempo lo hanno visitato, è certamente da fissare al sec. XV, cioè agli inizi del millequattrocento e dai più è attribuito ad un artista di scuola donatelliana.

D’altra parte non si può attribuire all’epoca rozza, per quanto ricca di sentimenti religiosi, del Medio Evo. I numerosi crocifissi più antichi dei nostri dintorni e attribuito a quel periodo sono per lo più scheletriti, contratti, contorti e rappresentano le vere concezioni paurose di artisti vissuti in epoca di ascetismo spirituale e di macerazione corporale. L’arte con cui fu scolpito il nostro indica chiaramente che non si può considerare per opera del primo Medio Evo perché è di una perfezione singolare, specialmente nella realistica espressione del volto e nel perfetto e ricercato studio delle parti anatomiche delle braccia, del petto e delle gambe, particolari artistici che, come abbiamo detto sopra, lo fanno attribuire alla scuola donatelliana.

Da “BAGNOREA E IL MONUMENTALE CROCIFISSO NELL’ANTICA CHIESA CATTEDRALE DI CIVITA”
del Rev.mo Can. Angelo Rossi, 1921.

 

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